ABIO nel cuore
Ciao amici, da mamma ho sempre a cuore il benessere dei bambini e oggi voglio parlarvi proprio di questo.
Ogni volta che mia figlia sta male, ha la febbre o altro, io mi preoccupo e mi faccio le “seghe” -concedetemi il termine- mentali perché ho paura di vederla sofferente e vedo nei suoi occhi già la tristezza e la tensione perché magari capisce di dover andare dal dottore.
Chi di voi non lo fa?
Beh, ecco, pensiamo a come devono stare i bambini che in ospedale ci devono stare per giorni; come devono sentirsi a vivere sempre e solo rinchiusi in quelle stanze dove poco o nulla riscalda il cuore e l’anima dei dolci e piccoli pazienti e a come staremmo noi nel vedere le nostre creature indifese e abbattute in questo luogo quasi ameno.
Grazie a un’amica ho scoperto un’associazione che aiuta i bimbi ricoverati negli ospedali e che a Brescia opera presso la Poliambulanza: si tratta di ABIO.
Ecco, è su quei sguardi fragili che interviene ABIO; è lì che si attivano i dolci e professionali volontari che dedicano tempo, amore e cure a queste creaturine.
E vi starete chiedendo “Cos’è ABIO?”
Letteralmente è Associazione per il Bambino In Ospedale ma…
cito testualmente: “ABIO è il sorriso portato dove c’è la malattia, è il colore che arriva in un ambiente che può fare paura, è essere vicino ai genitori, ai bambini, agli adolescenti in un momento così difficile.”
Devo dire che questa frase calza davvero a pennello e sapete cosa mi porta ad affermarlo?
Ho avuto il grande onore -grazie allo staff di ABIO e al Dottor Riva (primario di pediatria)- di poter passare un pomeriggio in reparto vedendo con i miei occhi cosa facevano le volontarie.
Prima di raccontarvi brevemente ciò che io ho estrapolato da quest’esperienza, voglio darvi alcune nozioni base sull’associazione.
ABIO è un’associazione nazionale che ha vari distaccamenti distribuiti in tutta Italia; la sede di Brescia opera ogni giorno ormai da 5 anni nel reparto e nel pronto soccorso pediatrico dell’Istituto Ospedaliero Fondazione Poliambulanza.
E’ stato proprio il Dottor Riva a lottare per aver quest’associazione in ospedale in quanto è una delle poche -se non l’unica- che ha la certificazione riguardante la Carta dei diritti dei Bambini e degli Adolescenti in Ospedale ovvero un certificato che attesta la competenza di ogni volontario e il rispetto di ogni diritto del piccolo degente.
E ora eccovi la mia esperienza!
Quando sono entrata nel reparto di Pediatria mi sono trovata davanti delle volontarie sorridenti, gentili, amorevoli e davvero disponibili.
La loro stanza mi ha ricordato tanto la classe dell’asilo di mia figlia; ogni zona è ben divisa e organizzata, è tutto pulito e disinfettato precisamente e ci sono svariati giochi che possono soddisfare varie fasce d’età.
Francesca, Daniela e Rosita mi hanno fatta accomodare su una delle seggioline dei bimbi e hanno risposto alle mie domande, mi hanno raccontato com’è nato il tutto, come si organizzano per non lasciare soli i bimbi e come passano il tempo con loro.
Dopo questa piacevole chiacchierata, era il momento del loro consueto giro del reparto e mi hanno invitata ad andare con loro a salutare i bimbi.
Non nego la mia titubanza; voi mi conoscete e fatico a trattenere le emozioni ma ho preso un bel respiro e ho accettato.
Non potevo fare scelta migliore; vedere dal vivo come loro s’approcciano ai degenti e come esse vengono percepite sia dai piccolini sia dai genitori, è stata una conferma della loro dedizione e passione.
Parlando con una delle prime volontarie -la “storica” Daniela- ho notato nei suoi occhi un amore profondo verso quest’associazione e soprattutto verso ogni bimbo che ha potuto conoscere.
Avreste dovuto vedere i suoi occhi mentre mi raccontava della nuova raccolta fondi -di cui vi parlo a fondo pagina- o di come tutto fosse iniziato in sordina per poi diventare così importante e fondamentale anche per le infermiere e i dottori del reparto.
Mi hanno anche raccontato di come, per esempio, ogni Santa Lucia e Natale addobbano il reparto e le aree attigue portando letteralmente Santa Lucia dai bambini.
Per non parlare del progetto “Campioni in corsia” dove grandi squadre -come la Germani Basket e la An Brescia Pallanuoto- dedicano il loro tempo a incontrare e giocare con i bambini.
Inoltre l’anno scorso anche i pompieri sono andati a portare un sorriso a questi piccoli uomini entrando dalle finestre e creando scalpore e gioia in tutti i presenti -compresi dottori, infermieri, famigliari e volontari-.
Insomma, posso dire di aver toccato con mano e visto dal vivo tutto il lavoro che ABIO fa ogni giorno da 5 anni; vi assicuro che nulla è preso alla leggera anzi, vigono regole precise affinché tutto funzioni perfettamente e il bimbo sia sempre tutelato e rispettato sotto ogni forma.
Una realtà che mi è entrata nel cuore tanto e che ho deciso di provare a farvela conoscere attraverso quest’articolo perché nonostante io viva qui a Brescia da più di 10 anni non avevo mai sentito di quest’associazione che porta del bene a tutti noi.
Dimenticavo…a rappresentare quest’associazione e i suoi volontari, è Romeo, un dolcissimo orsetto che vedete ritratto nella spilla e nella tazza che mi hanno regalato; mi raccomando, guardatelo bene così lo potete riconoscere quando girate per le strade di Brescia e trovate il loro banchetto per la raccolta fondi di cui mi ha parlato Rosita mentre l’intervistavo.
Quale intervista? Ma ovvio! Ho intervistato la mia amica nonché volontaria presso quest’associazione; ho deciso di portarvi una storia diretta di chi con mani, occhi e cuore vive questa realtà e aiuta i nostri uomini e donne del domani.
Prima di farvi leggere le sue risposte, voglio ringraziare il Dottor Riva per avermi concesso di stare in reparto; Francesca e Daniela per avermi accolta e aver condiviso con me le loro emozioni e riflessioni e soprattutto Rosita per avermi fatto conoscere questa realtà.
Ora vi lascio i link dell’associazione e della sede di Brescia cosicché voi possiate vedere nello specifico di cosa si tratta e, mi raccomando, leggete l’intervista qui sotto!
Ora tocca a Rosita!
Ciao Rosita. Grazie di aver accettato di rispondere alle domande; andiamo subito al sodo!
Come hai conosciuto ABIO?
Ho conosciuto ABIO 5 anni fa; se ricordo bene era un sabato mattina di settembre e avevano uno stand in Piazzetta Vescovado a Brescia dove vendevano le pere. Mi sono fermata a curiosare insieme al mio cane Grisù, e sono stata accolta da tutte queste ragazze con dei palloncini e un peluche bianco con la maglietta; allora ho chiesto informazioni e loro mi hanno illustrato il tutto spiegandomi che la vendita di frutta di quel giorno aveva lo scopo di trovare volontari e raccogliere fondi per poi formare queste “reclute”.
Felice di contribuire, ho comprato il cestino di pere e tornando a casa ho iniziato a rifletterci perché io arrivavo da un paese piccolino e sono rimasta stupita da quest’associazione di cui non sapevo nulla.
Senza tanti tentennamenti mi sono decisa e li ho contattati per dare la mia disponibilità e così ho iniziato a partecipare agli incontri di preparazione.
Da quanto tempo sei volontaria?
Sono 4 anni che sono effettivamente una volontaria.
Cosa ti ha portata a diventare una volontaria?
Mentre io e Giorgio provavamo ad avere Giulio -il nostro bellissimo bimbo di 16 mesi- volevo prestare il mio tempo -anche minimo- a persone che ne avessero bisogno.
Ho cercato a Brescia se c’erano associazioni che offrivano questo servizio; ce ne sono molte in vari ospedali ma non mi convincevano.
ABIO invece mi ha aperto il cuore fin dal primo incontro avuto nella piazzetta di Brescia.
Fin dal primo incontro formativo ho sperato che andasse a buon fine perché sentivo che era la strada giusta.
Ho incontrato anche lo psicologo che ovviamente mi ha messa sotto torchio chiedendomi cosa mi portasse a voler diventare una volontaria; io gli ho risposto sinceramente che far felice un bambino, vedere un sorriso, mi riscalda il cuore e mi rende felice per aver fatto passare un pomeriggio diverso dal solito.
Cos’hai dovuto fare per diventarlo?
Ho partecipato a delle lezioni principalmente con lo psicologo e il primario che ti spiegano come comportarti e cosa fare per divertirli e non fargli pensare all’ospedalizzazione infatti noi non usiamo il camice bianco ma azzurro con i disegni o la nostra maglietta con il logo.
Quante volte alla settimana e per quante ore vai in ospedale come volontaria?
Ci vado una volta alla settimana e il turno dura 3 ore.
Quanti volontari siete?
Ad oggi siamo 22 persone, dai 25 ai 55 anni più o meno.
Ognuno ha le sue idee, le sue peculiarità e fantasia ma con un unico scopo: far sorridere i bambini.
Per farti capire quanto abbiamo a cuore questi cuccioli, devi sapere che alcuni volontari vengono anche da fuori città per aiutarli.
Quali attività fate con i pazienti?
Li facciamo giocare, li distraiamo: se possono venire in sala giochi, lì trovano di tutto; dai giochi manuali a quelli più teorici.
Se non possono uscire dalla loro stanza, andiamo noi da loro e gli facciamo compagnia; facciamo di tutto tranne fargli pesare il fatto di esser lì.
Giochiamo a carte, guardiamo la tv, li facciamo disegnare o semplicemente gli portiamo un gioco richiesto.
Oppure siamo di sostegno ai genitori per esempio dandogli il cambio se hanno bisogno di una pausa oppure semplicemente ascoltandoli e chiacchierando con loro anche perché molte persone vengono da fuori regione e quindi sono totalmente soli ad affrontare l’ospedalizzazione.
Facciamo tutto questo in serena armonia e con il benestare della famiglia perché non dev’essere un obbligo ma una libera scelta fatta del genitore e del bimbo.
Di cos’avreste bisogno per potervi aiutare?
Da poco abbiamo attuato un progetto denominato “Dolci notti”.
Lo scopo è di cambiare le poltrone letto che usano per dormire i genitori dei bimbi ricoverati in ospedale.
Ad oggi abbiamo già donato quattro poltrone ma l’obiettivo è di donarne ancora molte quindi direi che ora avremmo bisogno di contributi per poter arrivare a quest’obiettivo.
Un altro modo per sostenerci avviene tramite l’acquisto delle pere; per esempio l’ultimo sabato del mese di settembre ABIO festeggia la giornata nazionale -estesa in tutta Italia- durante la quale potete trovare molti stand che hanno in vendita le pere.
Qual’è la gioia più grande quando torni a casa dopo una giornata in ospedale con i bimbi?
Quando li saluti terminato il turno, magari vedi il cartellone che hanno fatto e spesso ti chiedono se il giorno dopo torni a rifarlo con loro; tante emozioni che significano che hai fatto qualcosa di utile per loro.
Quando torno a casa rivivo i loro sorrisi ed essi diventano una piccola soddisfazione personale.
Purtroppo è capitato anche che le loro vicende mi abbiano portata anche a piangere e lì mi sono trovata a disagio perché mi ero affezionata e quindi credevo di non esser portata, allora ne ho parlato con la responsabile che mi ha risollevata e spiegato che capita di immedesimarsi e di creare un’empatia.
In sintesi, un loro sorriso o un loro sguardo sereno sono i migliori doni che mi porto a casa.
Grazie mille Rosita e grazie mille a tutti voi che avete letto questo immenso articolo pieno d’amore!
Un abbraccio