Recensione di “Donne tutte puttane”
- Titolo: Donne tutte puttane
- Autrici: Lucia Bainotti e Silvia Semenzin
- Casa editrice: Durango Edizioni
Buongiorno cari lettori, iniziamo questa domenica con questa recensione che di sicuro vi è saltata all’occhio per il titolo.
Direi di spiegarvi come mai questo titolo citando direttamente l’incipit dell’introduzione del libro:
“Si chiamava “Donne tutte puttane” ed era un gruppo WhatsApp creato da una decina di ragazzi ventenni allo scopo di scambiarsi, oltre ai risultati del campionato e qualche gossip di paese, foto e video intimi di ragazze. In questa chat i partecipanti si incontravano per condividere materiale intimo non consensuale di ragazze che conoscevano […]”
Ecco, in questo libro le due ricercatrici analizzano il revenge porn e molto altro (in quanto il termine utilizzato è fuorviante e non perfettamente adatto a ciò che concerne tutto l’ambito della condivisione non consensuale di fotografie e video personali.
Le due autrici, in questi capitoli, si dedicano a un excursus preciso e chiaro riguardo all’oggettivazione della donna, al patriarcato sempre ancora dilagante, alla violenza di genere che, oltre che fisica, negli ultimi anni sta dilagando anche virtualmente attraverso siti, applicazioni e “case virtuali segrete” dove gli uomini (e alcune donne) si ritrovano per denigrare le donne e abusarne.
A pagina 49, all’interno del Capitolo intitolato “La condivisione non consensuale di materiale intimo” viene riportato uno studio delle Nazioni Unite, datato al 2015, che dichiara che nove milioni di donne e ragazze hanno subito una forma di violenza online prima dei quindici anni.
Provate a pensare in sei anni, con l’aumento delle strutture tecnologiche e con una pandemia che ha aumentato l’utilizzo di questi canali, come possa esser aumentato questo dato sconcertante.
Man mano che ci si addentra in questo testo si scopre anche quanto sia enorme la maschilità egemone e il divario tra uomo e donna dove, ancora oggi, la società e i media cercano di dar la colpa alla vittima (creando una vittimizzazione secondaria) e sminuendo questi reati che portano anche a stupri virtuali (singoli e di gruppo).
Le due ricercatrici si sono poi soffermate sulla struttura di Telegram analizzando una loro ricerca che evidenzia il buco nero e la malvagità nascosta dentro questa applicazione nella quale proliferano gruppi maschili dove condividono fotografie e video personali (anche banali e non intimi) al solo scopo di denigrare le donne additandole e masturbandosi su di esse.
A farmi venire i brividi, oltre a tutto ciò che descrivono e analizzano, è stato scoprire che esiste un file denominato “La Bibbia” nel quale sono catalogate infinite donne (come la Cantone) con tanto di nome e cognome, città, contatti e fotografie rubate dai social o ricevute dalla persona stessa (perché magari stava con quel soggetto, ci usciva, etc.) ignara che poi venisse illegalmente condivisa e “donata” alla mercé di chiunque.
Direi che è alquanto sconvolgente e preoccupante notare come il maschilismo sia ancora così dilagante e aberrante (sostenuto anche da alcune donne) arrivando a questa oggettivazione della donna; oltretutto tenendo conto che la politica non si sta muovendo per cercare d’implementare e monitorare questa situazione che potrebbe toccare a ognuno di noi anche a causa di quelle applicazioni assai diffuse tramite le quali è possibile letteralmente spogliare una foto di un soggetto vestito.
So che forse sembrerà che io abbia sviscerato tutto quello che è racchiuso in questo testo ma, ve lo assicuro, c’è molto in queste pagine e solo leggendole potrete riflettere e scoprire ogni sfaccettatura di questa società e l’immensità del marciume che è racchiuso nella condivisione non consensuale di foto e video.
Alla prossima recensione, la vostra Ele