Recensione di “La prima immagine di lei”
- Titolo: La prima immagine di lei
- Autrice: Caterina Ambrosecchia
- Casa editrice: Gelsorosso casa editrice
Cari lettori, ho appena terminato questo nuovo libro che mi hanno regalato e che mi ha accompagnata nei giorni precedenti.
Ho pianto, ho letto e riletto alcune frasi, ho vissuto ciò che veniva narrato di pagina in pagina…
Il rumore di passi affrettati riempie le strade umide e mute di Bologna. Una donna, sola nel chiarore dell’alba, percorre via San Vitale. Le braccia esili ma forti come radici cullano una bambina. La donna ora è ferma, gli occhi umidi fissano spenti il portale della basilica di San Petronio, dove è diretta. Un ultimo bacio sulla piccola fronte, un’ultima visione di quel volto candido, poi si guarda intorno e guardinga si disperde tra le strade porticate della città. Così ha inizio la vita di Maddalena Di Dio. La bambina cresce in istituto tormentata da quell’antico rifiuto che in lei ha scavato solchi profondi che la imprigionano. Ormai adulta, l’incontro casuale con Pietro le regala un’inaspettata gravidanza che decide di portare a termine da sola con l’illusione che sia quell’occasione di libertà in grado di trasformarla in ciò che non è mai stata. Il suo passato, però, entra in collisione con il presente. La nascita di Marta, infatti, acuisce tutte le paure, le manie e le ossessioni di Maddalena. Niente può salvarla dalle proprie dipendenze e dal senso di inadeguatezza, nemmeno la presenza di Niccolò che irrompe nella sua vita. La fuga di Marta fa da spartiacque alla narrazione. Ora è Marta a dar voce ai suoi ricordi e all’attualità della sua vita, regalando alla storia un finale profondo, denso e inaspettato.
Due donne, due vissuti, due legami, due fragilità, due età differenti, due modi di agire diversi.
Quando ho iniziato questo libro non sapevo cosa mi sarei andata a trovare proprio perché non avevo voluto nemmeno leggerne un estratto ne una descrizione.
Ammetto che non so se ho fatto bene o male; con il senno di poi penso che avrei voluto “prepararmi” un pochino; ma non perché questo libro sia brutto, anzi. Perché è tosto, forte, psicologico, intimo, fragile e delicato. Si, lo so, ho scritto degli ossimori… volutamente.
Paura. Questo libro è intriso dalla paura della protagonista e, dopo, della seconda narratrice.
La paura nasce dall’intimo, da quel senso di vuoto e di abbandono che è generato fin dall’inizio della vita di entrambe le donne, anche se in modi differenti.
Ciò diventa un esempio lampante e ben evidente dell’importanza del ruolo genitoriale, della famiglia, dei legami; con particolare rilevanza del ruolo di una madre.
Io sono madre e, come tutti voi lettori, sono anche una figlia… il mio passato non è stato come quello di Maddalena o di Marta, ma non nego che ci siano delle similarità, degli eventi che ho vissuto anche io e altri che, probabilmente, avrei potuto vivere se la mia strada non avesse preso una direzione differente.
È questo mio vissuto che si è intrecciato a quello delle protagoniste ad avermi lasciata con le lacrime agli occhi e dover affrontare alcune emozioni… per questo avrei voluto prepararmi.
Ma sapete cosa significa questo?
Significa che l’autrice è stata di un realismo e di una descrizione psicologica perfetta, reale, naturale, concreta. Ogni aspetto mentale, ogni paura, ogni emozione, ogni sensazione è esattamente quello che sente una persona con un vissuto come quello dei personaggi di questo romanzo.
L’autrice ha inciso emozioni che anche ora mentre scrivo mi portano ad avere i brividi.
Infanzia, adolescenza, età adulta di chi ha una cicatrice appresso che mai si rimarginerà del tutto.
In parallelo, attraverso un particolare capitolo narrato da Marta, viene portato alla luce come queste situazioni (ed altre) non siano un qualcosa di raro, di lontano da noi e che però, proprio per l’immenso valore che ha la vita, non devono portarci ad esser vittime eterne del nostro passato.
Proprio come una di questi personaggi, possiamo andare oltre. Sfruttare le nostre sofferenze e le nostre mancanze, per esser persone migliori, per aiutare e per spezzare quelle famose catene fatte di dolori e problemi.
“La prima immagine di lei” mette a nudo donne, famiglie, situazioni generazionali e bigottismi che ancora oggi portano a sminuire alcune situazioni, a voltarci dall’altra parte, a non voler vedere ne i errori (nostri o di altri) ne i problemi.
Un romanzo che, personalmente, non penso sia solo questo, ma davvero un involucro di infinite sfaccettature di psicologia e della vita di molti -uomini o donne- di noi.
Alla prossima recensione, la vostra Ele